«Chi sei?» ebbi appena la forza di chiedere.
«Io sono il Dreamer – disse – Io sono il sognatore e tu il sognato. Un attimo di sincerità, una breccia nel muro delle tue bugie, ti ha permesso di arrivare a Me.»
Il silenzio che seguì allargò i suoi cerchi all’infinito. La Sua voce divenne un fruscìo.
«Io sono la libertà! – annunciò – Dopo avermi incontrato non potrai più vivere un’esistenza così insignificante.»
Le parole che seguirono sarebbero rimaste per sempre incise nella memoria.
«Dipendere è sempre una scelta personale, anche se involontaria. Niente e nessuno può costringerti a dipendere, solo tu puoi farlo.»
Fissandomi di proposito, affermò che l’attitudine ad accusare il mondo e a lamentarsi era la prova più certa della incomprensione di questi princìpi. Un uomo non dipende da un’impresa, non è limitato da una
gerarchia o da un boss, ma dalla sua paura. La dipendenza è paura.
«Dipendere non è l’effetto di un contratto, non è legato a un ruolo né nasce dall’appartenenza ad una classe sociale… Dipendere è la conseguenza di un abbassamento della propria dignità. È il risultato di uno spappolamento dell’Essere. Questa condizione interna, questa degradazione, nel mondo prende la forma di un impiego, assume l’aspetto di un ruolo subordinato.
Dipendere è l’effetto di una mente resa schiava da timori immaginari, dalla propria paura…
La dipendenza è l’effetto visibile della capitolazione del ‘sogno’.»
Questa conclusione, il modo in cui aveva pronunciato ogni volta la parola ‘dipendere’, la lenta scansione delle sillabe, stavano rivelandone il vero significato nascosto dalla banalità dell’uso comune.
«La dipendenza è una malattia dell’Essere!… Nasce dalla propria incompletezza – denunciò il Dreamer – Dipendere significa smettere di credere in se stesso. Dipendere significa smettere di sognare.
Più rimuginavo quelle Sue parole e più le sentivo scavarmi dentro.
Il mio risentimento si acuì fino a diventare collera. Quel Suo modo di tranciare giudizi su una categoria così vasta di persone era intollerabile. Cos’aveva a che fare la vita, il lavoro di un uomo, con i suoi sentimenti o
con le sue paure? Per me questi due mondi, interno ed esterno, erano sempre stati separati e tali dovevano restare. Credevo fermamente che si potesse dipendere fuori ed essere liberi dentro. Questa certezza
alimentava la mia indignazione.