domenica 17 maggio 2015

"Come cambiare i nostri stati interiori" di Stefano D'Anna

La nostra prima educazione non ci dà alcun senso di discernimento tra cosa è esterno e cosa è interno, né ci prepara a un management dei nostri pensieri, ad una consapevolezza delle nostre emozioni. Senza una scelta intenzionale, la cultura comune ha relegato emozioni, sensazioni e pensieri nella sfera effimera ed impalpabile dei miti, delle fiabe, del sogno, considerandoli fenomeni separati e quanto mai lontani dalla ‘realtà’.
Seguendo le tracce lasciate dalla civiltà classica, scoprendone la mitologia, che per ogni aspetto si è rivelata più utile e più affidabile della storia, studiando il manoscritto di Lupelius, feci la scoperta emozionante che in realtà tra stati ed eventi non c’è un rapporto di anteriore e posteriore, di causa ed effetto, ma di assoluta identità. Stati ed eventi sono due facce della stessa realtà poste su piani diversi dell’esistenza, le due estremità di uno stesso bastone, posto verticalmente.
Ciò che ci impedisce di vedere che stati ed eventi sono la stessa e identica cosa è che essi sono separati dal fattore tempo che agisce come una specie di ammortizzatore. Tra i nostri stati interni ed il prodursi degli eventi esterni che gli corrispondono intercorre del tempo che, come una cortina fumogena, impedisce di riconoscere che gli eventi non sono altro che i nostri stati materializzati nel tempo-spazio.
Non c’è nulla che un uomo possa incontrare, non c’è un evento che possa materializzarsi e raggiungerlo senza che prima, consapevolmente o inconsapevolmente, abbia attraversato il suo Essere, la sua psicologia.
Il mondo è connesso alle nostre emozioni, alle nostre passioni, ai nostri pensieri. Essi sono la cinghia di trasmissione tra mondo interno e mondo esterno.
Attraverso la gestione delle emozioni, dei pensieri e di tutto quello che proviamo e sentiamo in un certo momento, cioè attraverso la padronanza dei nostri stati, abbiamo in mano il timone della nostra esistenza e possiamo imprimere una direzione al nostro destino. Ecco dove trova fondamento la concezione romana della fortuna e dell’homo faber contrapposta alla visione greca, medio-orientale, che rappresenta la Fortuna come una dea bendata che dispensa gli eventi in modo puramente casuale ed invia gli eventi secondo il proprio capriccio.
Un evento si verifica e noi crediamo che lo stato psicologico che avvertiamo sia l’effetto di quell’avvenimento. Giustifichiamo cioè il nostro stato d’Essere con l’evento esterno mentre
è accaduto esattamente il contrario. In realtà sono gli stati d’Essere che annunciano e determinano gli eventi della nostra vita. Le nostre emozioni negative, nel tempo, si trasformano nelle avversità di cui poi ci lamentiamo. Per incontrare un evento di una certa natura, nel bene o nel male, devo prima creare internamente le condizioni del suo accadere.
La più grande illusione dell’uomo è di poter cambiare le condizioni esterne, di poter modificare il mondo. Noi possiamo solo cambiare noi stessi, intervenire sulle nostre attitudini, modificare le nostre reazioni, non esprimere le emozioni negative che proviamo.
L’universo è perfetto così com’è.
L’unico che deve cambiare sei tu!


Siamo convinti che l’energia e la buona volontà di un uomo siano ben poca cosa di fronte agli avvenimenti della vita, che ci appaiono per lo più fortuiti e fatali. Quel torrente di eventi che continuamente ci sommerge, si presenta troppo vario e confuso per poterlo prevedere e troppo superiore alle nostre forze per pensare di poterlo addirittura dirigere.
Per Lupelius il lavoro che dobbiamo fare è ‘vedere’ che dietro gli eventi e poi dietro gli stati, ci siamo sempre noi. Prima di qualunque soluzione viene il nostro cambiamento.
L’energia che può spostare una montagna non può modificare un pensiero e ancor meno un’emozione. La forza per indirizzare un pensiero o per avere controllo su un’emozione è prodotta da un’energia più alta.
Per accumulare questa speciale energia occorre eliminare tutte le falle a bordo, i mille rivoli attraverso cui, come un colabrodo, perdiamo energia e che consistono soprattutto nella espressione di emozioni negative e in attitudini interiori sbagliate. Se un evento accade esternamente e non lo connetto agli stati del mio Essere che lo hanno creato, ho perso un’opportunità importante.
A ben osservare, molti eventi della nostra vita ricorrono ed è possibile cercare di definirne più chiaramente la natura vedendo la loro corrispondenza a particolari stati d’Essere. Per esempio, questo grumo di pensieri si chiama ‘essere in ritardo’. ‘Essere in ritardo” mi procura uno stato di ansietà. L’intelligenza è sapere che quelle condizioni esterne corrispondono a una condizione interna che non si è creata in quel momento. C’è una parte del mio Essere che mi connette a quegli eventi.
Per cancellarli dalla mia vita non c’è altra soluzione che modificare questa condizione interiore che io chiamo ansietà, paura, preoccupazione, ma che in realtà non è altro che una malattia dell’essere, una peccabilità. In un modo o nell’altro, quel tipo di eventi si ripeterà nella mia vita finché perdureranno internamente quegli stati psicologici che lo hanno prodotto.
Quegli eventi sono in realtà sintomi che annunciano una guarigione, se abbiamo il potere di connetterli agli stati che li hanno originati. ‘Vederli’, portare attenzione ai propri stati psicologici, significa rivolgere la freccia verso se stessi, rovesciare il processo e risalire dall’evento allo stato. Lì c’è l’accesso alla comprensione e la concreta possibilità di trasformare la propria vita.
Scusarsi, giustificarsi, accusare un evento esterno e non riconoscerne la causa in una peccabilità del nostro Essere, nei nostri stati, nel nostro modo di pensare, di sentire, di reagire, significa non aver capito; e non aver capito significa che quell’evento in qualche modo dovrà ripetersi e ripetersi. Cambieranno le circostanze, gli eventi si presenteranno con maschere diverse e noi continueremo ad accusare circostanze ed eventi esterni perdendo l’opportunità di liberarcene per sempre.
I nostri stati possono farci perdere o vincere nella vita, farci poveri o ricchi, possono ammalarci o guarirci. Lo studio di noi stessi, l’autosservazione è lo strumento per conoscerli. Il solo atto di osservarci ci fa più consapevoli, più intelligenti.
Self-observation is self-correction.

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