Se fossimo capaci di osservarci, di
studiarci, realizzeremmo quante volte al giorno remiamo contro noi stessi;
quante volte attentiamo alla nostra salute, al nostro benessere, alla nostra
serenità. Osservando la distruttività dei nostri pensieri, la negatività
dell’immaginazione, e la zavorra emozionale che continuamente produciamo dentro
di noi, ci convinceremmo che l’uomo ha un solo nemico: se stesso. C’è
nell’essere umano così come lo conosciamo, un istinto autodistruttivo che lo
spinge in modo inconsapevole a recare danno, prima a se stesso e poi agli
altri, una “cupio dissolvi” che abbiamo chiamato autosabotaggio. E’ una
patologia fisica, un disturbo della biochimica del cervello, o una normale
caratteristica della nostra logica conflittuale, della nostra psicologia
distruttiva?
La caduta dell’uomo
Per spiegare a noi stessi il nostro irragionevole autolesionismo e la
nostra distruttività; per darci una ragione di una tale assurdità, abbiamo
dovuto immaginare un tempo, un’età felice, in cui l’uomo non era in queste
condizioni. La Grecia classica inventò il mito di Pandora e lo scoperchiamento
del vaso con la fuoriuscita di tutti i mali da cui siamo afflitti, e la tradizione giudaico-cristiana immaginò un
paradiso terrestre e la caduta Adamo. Anche la tradizione ellenica, come già millenni
prima aveva fatto la tradizione anticontestamentaria con il mito di Eva, fece
risalire tutti i guai degli uomini ad una donna primigenia. Insomma, per dare
un senso alla nostra insipienza, abbiamo dovuto convincerci che, nell’infanzia
della specie, ci sia stato un incidente, una specie di caduta dal seggiolone
che spiega il nostro stato semi-demenziale.
Un canto di dolore
Solo
apparentemente un uomo si augura bene, prosperità, salute. Se potesse osservarsi
e conoscersi interiormente ascolterebbe invece dentro di sé la recita pressoché
continua di un canto di negatività, come di una preghiera di sventura fatta di
preoccupazioni, di immagini malate, dell’attesa di eventi terribili, probabili
ed improbabili.... ( da “La Scuola degli Dei” di Stefano E. D’Anna)
Questo stato di cose non può che essere il
risultato di una gigantesca emanazione ipnotica, di una educazione biofoba
affidata a maestri di sventura, a professori di sciagura che da secoli
espongono i nostri giovani a un unico messaggio educativo globale: l’assenza di
amore per se stessi, la mancanza di rispetto del proprio corpo, l’ignoranza del
vero bene: la propria integrità.
Solo
il miglioramento dell’individuo, la guarigione dell’umanita’ cellula per
cellula potra’ salvare la terra. Questo sarà il compito di una “seconda
educazione” che metterà in discussione le abitudini alimentari e le attitudini
mentali, i pregiudizi e le idee di seconda mano della vecchia umanità. Sarà il
compito di vere scuole e vere università esprimere una nuova visione del mondo,
di ridefinire i concetti centrali dell’etica e della spiritualità; oltre che i
principi della giustizia e dell’economia.
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