lunedì 23 giugno 2014

"La connessione tra emozioni ed eventi" di Stefano D'Anna

Seguendo le tracce lasciate dalla civiltà classica, scoprendone la mitologia, che per ogni aspetto si è rivelata più utile e più affidabile della storia, studiando il manoscritto di Lupelius, feci la scoperta emozionante
che in realtà tra stati ed eventi non c’è un rapporto di anteriore e posteriore, di causa ed effetto, ma di assoluta identità. Stati ed eventi sono due facce della stessa realtà poste su piani diversi dell’esistenza, le due estremità di uno stesso bastone, posto verticalmente.
Ciò che ci impedisce di vedere che stati ed eventi sono la stessa e identica cosa è che essi sono separati dal fattore tempo che agisce come una specie di ammortizzatore. Tra i nostri stati interni ed il prodursi degli
eventi esterni che gli corrispondono intercorre del tempo che, come una cortina fumogena, impedisce di riconoscere che gli eventi non sono altro che i nostri stati materializzati nel tempo-spazio.
Pensieri, emozioni, sensazioni e tutti i nostri stati sono come inviti che ad ogni istante diramiamo e che, anche se ce ne dimentichiamo, immancabilmente attraggono gli eventi corrispondenti. Più precisamente, essi sono già gli eventi. Per manifestarsi hanno solo bisogno che arrivi il loro tempo. Potranno impiegarci più o meno tempo e accadere in questo luogo o in un altro ma essi infallibilmente ci raggiungeranno.

Gli stati emozionali di un uomo sono in verità eventi in cerca di un’occasione per verificarsi e diventare visibili. Il tempo distanzia gli stati dagli eventi e ne cela l’identità.
Il tempo soffia il suo nero-seppia e dietro questa cortina gli eventi si nascondono e covano prendendoci poi di sorpresa, quando abbiamo dimenticato, o mai ci siamo accorti, di averli prodotti. Ma nulla accade
improvvisamente. L’improvviso ha sempre bisogno di una lunga preparazione.
Non c’è nulla che un uomo possa incontrare, non c’è un evento che possa materializzarsi e raggiungerlo senza che prima, consapevolmente o inconsapevolmente, abbia attraversato il suo Essere, la sua psicologia.
Il mondo è connesso alle nostre emozioni, alle nostre passioni, ai nostri pensieri. Essi sono la cinghia di trasmissione tra mondo interno e mondo esterno.
Attraverso la gestione delle emozioni, dei pensieri e di tutto quello che proviamo e sentiamo in un certo momento, cioè attraverso la padronanza dei nostri stati, abbiamo in mano il timone della nostra esistenza e possiamo imprimere una direzione al nostro destino. Ecco dove trova fondamento la concezione romana della fortuna e dell’homo faber contrapposta alla visione greca, medio-orientale, che rappresenta la Fortuna come una dea bendata che dispensa gli eventi in modo puramente casuale ed invia gli eventi secondo il proprio capriccio.
È convinzione comune che siano gli eventi esterni a condizionare le nostre attitudini e a determinare i nostri stati d’animo. Un fatto si verifica, facciamo un incontro o riceviamo una notizia, e noi crediamo che lo stato
psicologico che avvertiamo, di irritazione, di ansia, o di sorpresa, sia un effetto, una conseguenza, di quell’avvenimento, di quell’incontro, di quella notizia.
Allo stesso modo che, fino all’invenzione della fotografia, è stato impossibile determinare l’esatta successione degli zoccoli nel galoppo del cavallo, essendo i suoi movimenti più veloci dell’occhio, così pensieri, emozioni, percezioni, sensazioni, come lampi elettronici, attraversano le misteriose foreste dei nostri neuroni a velocità vicine a quella della luce e sembra impossibile stabilire la corretta successione temporale in connessione agli accadimenti esterni.
Un evento si verifica e noi crediamo che lo stato psicologico che avvertiamo sia l’effetto di quell’avvenimento.
Giustifichiamo cioè il nostro stato d’Essere con l’evento esterno mentre è accaduto esattamente il contrario
In realtà sono gli stati d’Essere che annunciano e determinano gli eventi della nostra vita. Le nostre emozioni negative, nel tempo, si trasformano nelle avversità di cui poi ci lamentiamo. Per incontrare un evento di una
certa natura, nel bene o nel male, devo prima creare internamente le condizioni del suo accadere.
La più grande illusione dell’uomo è di poter cambiare le condizioni esterne, di poter modificare il mondo. Noi possiamo solo cambiare noi stessi, intervenire sulle nostre attitudini, modificare le nostre reazioni,
non esprimere le emozioni negative che proviamo.
L’universo è perfetto così com’è.
L’unico che deve cambiare sei tu!
Siamo convinti che l’energia e la buona volontà di un uomo siano ben poca cosa di fronte agli avvenimenti della vita, che ci appaiono per lo più fortuiti e fatali. Quel torrente di eventi che continuamente ci sommerge, si presenta troppo vario e confuso per poterlo prevedere e troppo superiore alle nostre forze per pensare di poterlo addirittura dirigere.
Chi sa produrre intenzionalmente in sé il più piccolo innalzamento dell’Essere sposta montagne e si proietta come un gigante nel mondo esterno.
Intervenendo sui nostri stati, sulla qualità dei nostri pensieri, sui modi di sentire, sulle emozioni negative, denutrendo alcuni e alimentandone altri, non solo modifichiamo la nostra attitudine, quindi il nostro rapporto
con gli eventi che ci arrivano dal mondo esterno, cioè il nostro modo di reagire, ma anche la natura stessa degli eventi che si susseguono giorno dopo giorno.
Il primo lavoro che siamo chiamati a fare è autosservazione, l’osservazione dei nostri pensieri e degli stati d’Essere.
Uno studio attento di se stessi, dei propri pensieri, emozioni, delle posture che assumiamo e delle nostre reazioni, del modo in cui ‘prendiamo’ gli accadimenti, ci permetterebbe di scoprire che l’uomo pensa e sente
negativamente. Solo apparentemente un uomo si augura bene, prosperità, salute.
Se potesse osservarsi e conoscersi interiormente ascolterebbe invece dentro di sé la recita pressoché continua di un canto di negatività, come una preghiera di sventura fatta di preoccupazioni, di immagini malate,
dell’attesa di eventi terribili, probabili ed improbabili.
Ma come si fa a intervenire sugli stati interiori, sui propri stati d’animo, emozioni e modi di pensare? Basta pensare alla difficoltà di uscire da uno stato di cattivo umore. L’energia che può spostare una montagna non può modificare un pensiero e ancor meno un’emozione. La forza per indirizzare un pensiero
o per avere controllo su un’emozione è prodotta da un’energia più alta.
Per accumulare questa speciale energia occorre eliminare tutte le falle a bordo, i mille rivoli attraverso cui, come un colabrodo, perdiamo energia e che consistono soprattutto nella espressione di emozioni negative
e in attitudini interiori sbagliate. Se un evento accade esternamente e non lo connetto agli stati del mio Essere che lo hanno creato, ho perso un’opportunità importante.
A ben osservare, molti eventi della nostra vita ricorrono ed è possibile cercare di definirne più chiaramente la natura vedendo la loro corrispondenza a particolari stati d’Essere. Per esempio, questo grumo
di pensieri si chiama ‘essere in ritardo’. ‘Essere in ritardo” mi procura uno stato di ansietà. L’intelligenza è sapere che quelle condizioni esterne corrispondono a una condizione interna che non si è creata in quel
momento. C’è una parte del mio Essere che mi connette a quegli eventi. Per cancellarli dalla mia vita non c’è altra soluzione che modificare questa condizione interiore che io chiamo ansietà, paura, preoccupazione, ma
che in realtà non è altro che una malattia dell’essere, una peccabilità.
In un modo o nell’altro, quel tipo di eventi si ripeterà nella mia vita finché perdureranno internamente quegli stati psicologici che lo hanno prodotto.
Quegli eventi sono in realtà sintomi che annunciano una guarigione, se abbiamo il potere di connetterli agli stati che li hanno originati. ‘Vederli’, portare attenzione ai propri stati psicologici, significa rivolgere la freccia
verso se stessi, rovesciare il processo e risalire dall’evento allo stato. Lì c’è l’accesso alla comprensione e la concreta possibilità di trasformare la propria vita.
Scusarsi, giustificarsi, accusare un evento esterno e non riconoscerne la causa in una peccabilità del nostro Essere, nei nostri stati, nel nostro modo di pensare, di sentire, di reagire, significa non aver capito; e non
aver capito significa che quell’evento in qualche modo dovrà ripetersi e ripetersi. Cambieranno le circostanze, gli eventi si presenteranno con maschere diverse e noi continueremo ad accusare circostanze ed eventi esterni perdendo l’opportunità di liberarcene per sempre.
Datti la colpa di tutto, prenditi la responsabilità di tutto quello che ti accade.
Il potere di questa attitudine è compressa in due parole senza fine:
Mea culpa.
Riflettei che anche le nazioni vivono stati d’Essere che attraggono eventi corrispondenti. In U.S.A. il sentimento razziale, per esempio, lo stato di avversione per uomini diversi per razza, credo, cultura, ha
richiesto decine e centinaia di anni perché fosse riconosciuto e perché si producessero le condizioni per il suo superamento.
I martiri, i leader bruciati giovani, come: Malcom X, M.L. King, J.F.Kennedy, accorciano i tempi e accelerano le condizioni per i cambiamenti di stati psicologici, modi di pensare e di sentire di una
intera nazione, di una civiltà, capaci di attirare nuovi eventi e nuove opportunità.
I nostri stati possono farci perdere o vincere nella vita, farci poveri o ricchi, possono ammalarci o guarirci. Lo studio di noi stessi, l’autosservazione è lo strumento per conoscerli. Il solo atto di osservarci
ci fa più consapevoli, più intelligenti.
Self-observation is self-correction


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