«Se l’uomo potesse riconoscere il potere creativo del proprio pensiero, e perseguire la bellezza e l’armonia con la stessa determinazione e per tanti anni quanti ne ha dedicati alla povertà e alla sofferenza, potrebbe trasformare il passato e il proprio destino. Il mondo sarebbe un paradiso terrestre.»
Sentii l’eternità palpitare dietro queste parole. Aspirato il tempo dall’equazione tra visione e realtà, stati ed eventi, essere ed avere, si mostrava la natura indivisibile degli opposti, l’unità nascosta dietro ogni apparente conflittualità.
«Se i pensieri di un uomo creano il suo universo, la sua realtà personale, come può cambiarli?»
«Puoi migliorare o controllare la qualità dei tuoi pensieri solo se sai come elevare la qualità dell’Essere. Per fare questo devi studiare e lavorare in una Scuola speciale e applicare il suo insegnamento e le sue idee a te stesso.
L’uomo, così com’è, non può ‘fare’, finchè attraverso sforzi immani non avrà riconosciuto e superato la violenza che si porta dentro. L’uomo non può ‘fare’ finchè non avrà realizzato che tutti i mali planetari e le sue sventure personali non sono altro che la drammatica conseguenza del suo pensare
distruttivo e delle sue attitudini negative. Finchè l’umanità si crederà governata da eventi e circostanze esterne, non potrà mai riconoscere la vera origine di tutta la violenza del mondo.
Il mondo è il tuo specchio.
Anything coming from the outer world breathes with your breath,
everything is as much alive as you are.
There is nothing in the universe that is not you.
Thinking is Destiny.»
Il suono di queste parole mi echeggiò dentro, improvviso e selvaggio come un vagito, inneggiante più di qualunque peana, più forte del canto di cento rivoluzioni. Nessun evento mi sarebbe mai apparso così devastante, così trasgressivo quanto il superamento di quella linea sottile: una nuova soglia all’ominizzazione. Ad occhi sbarrati stavo assistendo all’esodo di una specie ancora zoologica, al suo passaggio evolutivo da razza ominide ad una umanità dotata di una vera psicologia, libera dai conflitti, dal dubbio, dalla paura.
«C’è una favola che tutti conoscono come ‘la bella addormentata nel bosco’» annunciò.
Quel brusco cambiamento di soggetto mi prese di sorpresa. L’attenzione si acuì fino allo spasimo. Poi in un sussurro disse:
« …ma il suo vero titolo è ‘la bella nel bosco addormentato’.»
La missione che un giorno mi avrebbe affidato era racchiusa in questa apparente minuzia. Il bosco addormentato è il mondo come ci è stato descritto, flagellato da povertà e conflitti, sigillato in un sonno ipnotico; e la bella è il risveglio della volontà, il risveglio dell’Essere, il sogno.
La Scuola che presto avrei fondato avrebbe permesso ad una nuova generazione di giovani di capovolgere i vecchi paradigmi e di accedere a una nuova visione della realtà.
«L’unico aiuto che puoi dare agli altri è destarti da quel sonno» disse quella sera il Dreamer. Il Suo tono era insolitamente pacato, le Sue parole tenere come datteri al sole. Assaporai in tutto l’Essere la loro dolcezza legnosa. Quel periodo con Lui, insperatamente lungo, stava concludendosi.
Vacillava la luce degli ultimi candelabri. La splendida sala di Mas Anglada, con i suoi arredi raffinati, le opere d’arte e gli argenti scintillanti, stava rinfoderandosi lentamente nell’ombra. Accanto al Dreamer, per giorni, mi ero sentito l’unico, fragile legame tra il mondo dell’impeccabilità e
l’uomo. Ora, in silenzio, Lo osservavo. Era immobile da tempo. Stava ad occhi socchiusi, il corpo proteso verso l’alto. Quando riprese a parlare, le Sue parole mi penetrarono con l’incanto di visioni presaghe.
« …Lentamente l’umanità sta cambiando pelle… Un giorno smetterà di frugare tra le ombre del mondo, smetterà di venerare il cibo, la medicina, il sesso, il sonno, il lavoro… Crescerà nella sua coscienza il valore della frugalità fino a raggiungere l’integrità dell’Essere che segnerà la fine di
ogni povertà, di ogni calamità, di ogni conflitto. Ci vorrà tempo… perché l’umanità è tempo.
Per adesso studia, osservati e conosciti! E un giorno sarai presente al più grande spettacolo del mondo: la tua integrità!»
Preso commiato dal Dreamer nulla più mi tratteneva a Barcellona.
Quella notte stessa presi il primo volo per ritornare a New York. Per tutta la durata del viaggio ricapitolai quanto avevo ascoltato in quei giorni straordinari vissuti accanto a Lui. Il corpo continuava a vibrare di una sensazione mai provata prima: uno stato di completezza, di ordine, di celebrazione.
L’universo intero respirava con il mio respiro.
Ogni cosa era connessa al tutto e nulla era separato.
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