lunedì 29 dicembre 2014

"Le Misérables" di Stefano D'Anna

                                             Dovunque si incontrino, per pochi istanti o per anni,
                                             gli uomini si dispongono su piani diversi
                                        di una piramide invisibile rispettando un ordine interiore,
                                        matematico,come gerarchie planetarie fatte di luminosità,
                                                 di orbite, di massa e di distanza dal loro sole.
                                                         Ci sono gradi e livelli d’Essere.
                                                                È una legge universale.

«Credere e vedere sono una sola cosa, come l’essere e il divenire. Nel tempo vedrai tutto quello in cui credi e realizzerai tutto quello che sogni.»
Nella penombra del teatro quelle parole appena sussurrate evocarono la magia di un antico coro. Sentii l’animo innalzarsi e provai quel sentimento di purezza, di liberazione che annuncia la soluzione, che è la guarigione; l’alchimia dell’espiazione che l’antica tragedia suscitava negli
spettatori con il suo sciogliersi secondo le leggi della giustizia.
«Per credere devi essere integro, impeccabile. Il più piccolo crack nell’Essere, l’ombra di un dubbio, ti fa rientrare tra le schiere dei morituri, degli sconfitti, dei miliardi di esseri che hanno abdicato il loro diritto d’autore, intrappolati nell’inferno del vedere per credere…»
Il Dreamer mi aveva a lungo preparato e tuttavia, toccare con mano che il mondo lo creiamo noi, mi stava facendo barcollare sull’orlo di una voragine.

Ogni uomo è un creatore…
Il mondo è un chewing-gum…
Whatever you dream, happens…
Capii che l’umanità soffre perché vede il mondo sottosopra. Credere e vedere sono una sola cosa ma gli uomini li percepiscono separati, divisi dal tempo, ed attendono di vedere per credere. La sofferenza ed il dolore esistono perché sono il solo modo che l’umanità conosce per colmare
questo gap illusorio. Quando credere e vedere si fondono in un uomo, egli sta eliminando anche ogni sofferenza e dolore dalla sua vita, banditi per sempre dal suo universo personale.
«Credere per vedere è la legge del creatore, del sognatore, è la legge di chi governa, è la legge ineluttabile dei re − disse, mentre il sipario già si sollevava − Credere appartiene all’arte del sognare ed è la qualità intima del sognatore… Nella radice di credere c’è creare… Il ‘sogno’ è la cosa più
reale che ci sia…»
La Sua voce si abbassò ancora, fino a diventare poco più di un bisbiglio.
Feci fatica a cogliere le parole, ma sentii distintamente la severità della Sua intimazione. Riferendosi alla storia de Les Misérable, disse:
«Attento. Al di là della sua ottocentesca pateticità, questa storia contiene una grande lezione sull’Antagonista... È una parabola universale che riguarda tutta l’umanità. È il racconto di un uomo che non sa ‘perdonarsi dentro’… come te!»
Les Misérable era la riduzione a musical della storia di un implacabile antagonismo: la caccia condotta per anni da un poliziotto dalla deontologia d’acciaio, il fanatico Javert, per assicurare ad una giustizia ingiusta il galeotto evaso Jan Valjean, condannato a 20 anni, e poi all’ergastolo, per
aver rubato del pane. Nella storia, quell’uomo braccato, Jean Valjean, assurge a simbolo della generosità, della bontà dell’individuo umiliato, abbrutito dalla iniquità del consorzio umano, dalla spietatezza delle sue leggi. Sullo sfondo, in filigrana scorre l’epopea gloriosa e miserabile di
un intero popolo, la vita dei bassifondi parigini, l’insurrezione del ‘32, la battaglia di Waterloo.
Conoscevo fin da bambino quella storia che mio padre Giuseppe amava raccontarmi. Ancora ricordavo vividamente la sua commozione ogni volta che arrivava al punto in cui Jean Valjean, invece di lasciar morire il suo persecutore e liberarsi finalmente del fanatico Javert, gli salva la vita,
contro ogni sensatezza. La generosità di questa azione sovverte tanto la descrizione del mondo del poliziotto inflessibile che, incapace oramai di convivere con i suoi valori, una volta sovvertite le sue convinzioni più radicate sul bene e sul male, si uccide.
«Javert/Valjean anche i nomi sono assonanti… Essi sono la stessa persona − mi rivelò poi il Dreamer − Quando finalmente egli si perdona dentro… quando salva la vita a Javert… quando armonizza gli opposti dentro di sé, allora è pronto per un Antagonista più intelligente e potente.
Il vecchio Antagonista, superato, compreso, non ha più ragione di esistere…scompare… si uccide. In realtà non era mai realmente esistito se non come la materializzazione di un’ombra, di una incompletezza del suo Essere… »
Le parole del Suo insegnamento senza tempo riecheggiarono potenti e trovarono risonanza in ogni atomo dell’Essere.
«L’unico nemico è dentro di te! Fuori non c’è nessun nemico da accusare né da perdonare, e nessun male che possa nuocerti… Non temere l’Antagonista. È lui il tuo migliore alleato. È lui che ti indica il cammino più breve per il successo. Il suo unico e solo scopo è la tua vittoria.»
Quando le luci si riaccesero il Dreamer non c’era più ed io trascorsi il resto della serata con i nuovi amici americani… ma con la mente rivolta al Dreamer ed al Suo straordinario insegnamento.
Dalla notte dei tempi, da quando la prima scintilla di riflessione attraversò la coscienza dell’uomo, sono esistiti ricercatori e scuole dell’Essere, scuole di preparazione interiore. La Scuola di Pitagora,
l’Accademia di Platone, il Liceo di Aristotele, quella di Plutarco, il primo cristianesimo e tutte le più grandi scuole dell’antichità, fucine dello spirito, trovavano nel Dreamer la loro epitome, la ragione stessa del loro esistere e la continuità della loro missione.




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