È il sintomo d’una ferita ancora aperta che è la causa di tutti i tuoi guai…Contieni quel dolore… comprendilo… Amalo. Non sfuggire!»
Stavo ancora tentando di capire, di riprendermi da quel Suo exploit, quando mi sono reso conto che il Dreamer si era già riallacciato al discorso iniziale, riprendendo da dove lo aveva interrotto.
«Identificato con i ruoli, hai dimenticato il Gioco − disse − Non c’è recita nè teatralità. Un evento, una situazione o un incontro fanno scattare in te reazioni meccaniche, come la molla compressa di una trappola per topi. Immagini mentali, pensieri, emozioni, sensazioni si uniformano a schemi meccanicamente prestabiliti, i muscoli del viso si contraggono per assumere certe espressioni, alle labbra affiorano quelle parole, e tu sei in ostaggio, fino a che nuove condizioni e nuovi incontri non ti catapultano in un’altra gabbia... »
Mi spiegò che questo avviene quando un ruolo è imposto dall’esterno, dal mondo. Quando invece viene recitato intenzionalmente non possiamo esserne schiavi; ne siamo liberi e rendiamo libero il mondo.
«Un ruolo va recitato senza crederci. È possibile solo a chi ha conquistato conoscenza e padronanza di se stesso: un risultato che richiede ordine, disciplina, e un lungo lavoro di autosservazione.»
Sottolineò come ogni ruolo, per fissarsi nella nostra vita, richiede l’apprendimento di un linguaggio specifico: gesti, comportamenti, attitudini e tutta una gamma di espressioni facciali e verbali. Avere un ruolo presuppone l’accettazione di interi blocchi di idee, pacchetti completi di convinzioni attraverso cui pensare e sentire. Il loro apprendimento è una questione complessa. Spesso un solo ruolo può richiedere ad un uomo l’applicazione di un’intera vita che può trascorrere senza che in lui maturi la volontà e la responsabilità sufficienti per superarlo e andare oltre.
Mi disse che ogni uomo, per le necessità della sua esistenza ordinaria, apprende e gioca un numero limitato di ruoli, cinque o sei al massimo. Al modificarsi delle circostanze egli passa dall’uno all’altro come un automa, senza intenzionalità, condizionato dal cambiamento delle condizioni esterne. Contrariamente a quanto egli crede non ha in questo alcuna libertà di decisione.
«Libertà significa recitare ‘intenzionalmente’ qualunque ruolo senza esserne imprigionato – enunciò – In un uomo ordinario questa capacità, già pressoché nulla, con l’età si riduce sempre più, fino a sparire. La conseguenza è che quando si presentano condizioni appena diverse da quelle solite, fuori da quei pochi ruoli che conosce, un uomo non sa più che maschera mettere.»
Realizzai che questa è la ragione per cui ci sentiamo continuamente fuori posto, a disagio, minacciati. Non sapendo quale maschera indossare, non avendola nel nostro repertorio, mostriamo i nostri limiti, come il cane di Pavlov che incerto tra cerchio ed ellisse, impazzisce. Allora ogni nostra facoltà: mentale, emozionale e fisica va per conto proprio; pensieri, emozioni ed azioni entrano tra loro in un rapporto spastico e diventiamo una marionetta biologica.
Ci sentiamo nudi e proviamo una vergogna terribile. Vorremmo scappare via. Eppure sono questi i momenti in cui, attraverso un interstizio tra la pelle e la maschera, è possibile osservarci e riconoscere la nostra essenza, la nostra parte più vera.
«Chi realizza di avere un limitato repertorio di ruoli ed avverte la tirannia dei vincoli che essi impongono alla sua azione, ha già avviato i primi passi verso la libertà.»
Ma l’uomo ordinario, immerso in un sonno ipnotico, cullato da un canto di negatività, continuerà a mentire a se stesso e, per quanto terribile sia la sua vita, continuerà a indulgere e non troverà mai l’energia sufficiente per evadere.
«Il ruolo è un gioco piacevole, se recitato. Identificarsi, dimenticare il Gioco, è fatale.»
Il Dreamer si alzò e si avvicinò alla finestra. Per alcuni minuti restò in silenzio a guardare il giardino di Seven Oaks, il prato impeccabile, le piante lussureggianti sotto l’ultimo sole. Quando riprese il Suo discorso il tono della voce era insolitamente dolce.
«I ruoli sono i pioli di una scala. Non indulgere su nessuno di essi. Usali! − mi esortò − Usali per poggiare il piede e andare oltre!»
Per il Dreamer ogni ruolo è la materializzazione di un modo di pensare. L’abbandono di un ruolo, e il passaggio a un ruolo successivo, significa che il suo superamento è già avvenuto nell’Essere; ogni gradino lasciato alle spalle è un avvicinamento alla guarigione.
«Impara ad innalzare la qualità dell’Essere ed ogni ruolo, velocemente, sarà abbandonato come un abito smesso − concluse − Questo si chiama ‘consumare’ un ruolo e liberarsene definitivamente.»
Questa nuova espressione mi colpì. Il Dreamer notò la mia perplessità e mi spiegò che ‘consumare’ un ruolo significa impossessarsi dell’essenza, della responsabilità che c’è dietro ogni ruolo; significa liberarsene per sempre, non averne più bisogno.
«Così libererai il mondo dal compito ingrato di rivelarti gli inferni che ti porti dentro, dalla fatica immane di riflettere ogni tua mancanza, ogni dolore, ogni morte.»
«Tutti gli uomini sognano, tutti hanno il potere di creare il proprio mondo ma solo pochi sono consapevoli e sanno che il loro ‘sogno’ è potente… ha la forza di arricchire ogni cosa intorno a sé o di alimentare l’incubo del mondo. Solo pochi individui, attraverso la volontà e la propria impeccabilità possono sognare un mondo perfetto e dargli concretezza. È la condizione del guerriero, dell’eroe, dell’uomo che ama.»
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