lunedì 5 gennaio 2015

"Il nuovo Paradigma" di Stefano D'Anna

Una volta, a seguito di un paziente lavoro, arrivai finalmente a fissare a Parigi l’incontro con il fondatore di una multinazionale, leader nel settore della moda e dell’industria del lusso. Il pretesto che dovetti creare per quel meeting fu l’acquisto di un immobile di sua proprietà. La trattativa
che avevo avviato da Londra già da settimane era ora giunta nella sua fase conclusiva e richiedeva appunto il nostro incontro. Il nome di quell’imprenditore francese era nella lunga lista di personaggi, ‘maestri’ del business nel proprio settore, che il Dreamer mi aveva chiesto di contattare e di incontrare.
Era quello un periodo in cui ero strenuamente impegnato a trasformare il mio cattivo rapporto con il denaro. Secondo il Dreamer era necessario che imparassi a negoziare con i più ‘duri’ businessmen senza timori o sudditanza. Alla vigilia della mia partenza per quell’incontro che si sarebbe svolto
a Parigi nel sancta santorum di una delle griffe più famose del mondo, ero esasperato all’idea di non sapere minimamente che cosa avrei detto. Sentivo crescere la mia ansietà e con essa anche una forma di risentimento nei confronti del Dreamer ‘colpevole’ di mettermi in situazioni così critiche.
Chiesi di poterLo incontrare con la segreta speranza di farmi esonerare da questo viaggio e di cancellare quell’incontro già fissato a Rue de la Paix. Eravamo insieme da pochi minuti quando questo stato d’animo sfociò in una domanda aggressiva senza che potessi fare nulla per controllarmi.
«Ma a cosa serve negoziare un palazzo o un’industria − sbottai ad un certo punto, cercando di nascondere il mio malessere dietro un inattaccabile buon senso − a cosa serve discutere in ogni dettaglio l’acquisto di un’auto di lusso o di un aereo privato se poi non si ha il denaro per comprarli?»
«Se saprai recitare ‘impeccabilmente’ − mi rispose il Dreamer con insolita cortesia e ignorando le condizioni in cui mi stavo presentando davanti a Lui − se all’esame del tuo interlocutore apparirai credibile, allora vuol dire che quel denaro è già nelle tue tasche.»
Non capivo. Secondo me ‘fare sul serio’ era tutt’altra cosa. Ero certo che se avessi veramente avuto il denaro per comprare quella proprietà a Parigi non avrei avuto ansie, avrei saputo cosa dire e cosa fare.
«Ti sbagli di grosso − ribatté tagliente il Dreamer − la prima educazione ti ha abituato a credere che se avessi denaro e mezzi sufficienti potresti fare tutto quello che desideri e quindi ti sentiresti sicuro, saresti ricco, felice, rispettato. Avere-Fare-Essere è il paradigma dominante, l’epitome della
mitologia di un’umanità degradata, e la causa di tutti i suoi mali e delle sue disgrazie.»
Pronunciate queste parole sollevò gli occhi e mi fissò intensamente. Poi, senza abbandonarmi con lo sguardo, con l’indice ed il medio della mano destra distesi ed uniti si colpì lentamente e ripetutamente
l’orecchio destro. Il Dreamer mi stava ammonendo per la mia durezza di comprensione e stava chiedendo un ascolto assoluto, senza divisioni o distanze.
Quella Sua strana mimica mi inquietò; sotto la vernice di normalità di quel suo movimento sentii l’imperio, l’autorità di un gesto tragico, teatralmente magico, e questo impresse una tale accelerazione che dovetti lavorare sul respiro per non entrare in uno stato di agitazione.
«Questo schema mentale è comune a miliardi di esseri − disse − devi rovesciarlo! Il paradigma di una nuova umanità è: Essere-Fare-Avere. Più sei, più fai, più hai. Avere ed Essere sono la stessa cosa ma su piani diversi dell’esistenza.»
La scoperta che Essere è già Avere, e che l’essere guida l’avere e ne è la vera causa, ebbe l’effetto di una esplosione che buttò all’aria, per sempre, idee e convizioni di una vita. Questo fu uno di quegli shock del pensiero che hanno avuto la forza di modificare il mio destino. Il discorso del Dreamer si fece denso, intenso. Tirai fuori il mio taccuino e lì, per la strada, cominciai a prendere appunti. Mentre la mano scorreva veloce sui fogli, raccogliendo ogni Sua parola, memorizzavo e ripetevo a mente le frasi che non riuscivo a riportare per tempo sul taccuino. Temevo di perdere anche una sola molecola della comprensione di quel momento. Sarebbe stato irrimediabile.
Riallacciandosi al discorso iniziale, mi disse che l’incontro che stavo per avere a Parigi poteva equipararsi alla visita ad un elegante negozio di abbigliamento o a una famosa gioielleria. L’importante non era comprare gli abiti che abbiamo provato né i gioielli più preziosi che ci hanno
mostrato, ma essere ‘riconosciuti’ dall’Essere, dall’invisibile di quel negozio... Mi spiegò che l’importante era che quel mondo... che quella fascia dell’esistenza ci dicesse ‘sì’.
«È vero, non uscirai con quell’orologio prezioso al polso, e quel capo non sarà nel tuo guardaroba, ma avrai allenato le capacità per possederli… Lo stile è coscienza… Allena l’Essere… Ogni tuo sforzo per entrare in fasce più ricche dell’esistenza ti serve a sconfiggere il tuo senso di scarsità. Esercitati all’abbondanza, innalza la visione e sogna l’impossibile, crea una ‘prosperity consciousness’ che è la vera origine di ogni ricchezza e la condizione per poterla mantenere.»
«Il denaro si fabbrica dentro − disse quella volta il Dreamer − Sogna, visualizza costantemente l’armonia e il successo, e li otterrai. Il denaro sarà solo una conseguenza naturale.Allora arriva senza sforzo… Allora non avrai mai paura di perderlo… Il denaro deve arrivare da solo, naturalmente,
per effetto della tua prosperità interna… allora lo sentirai crescere e scoppiettare in tasca, come popcorn…»
Dovendo incontrare questa volta un maestro dello stile, oltre che businessman, il Dreamer si raccomandò particolarmente che il mio abbigliamento fosse all’altezza dell’occasione.
«Il gusto è coscienza» mi disse mentre insieme camminavamo in Via dei Condotti e ascoltavo le istruzioni per quell’incontro a cui il Dreamer dava un’importanza straordinaria. Dovevo scegliermi un vestito e mentre passavamo davanti alle vetrine delle più prestigiose griffe del mondo, il Dreamer mi fece osservare la bellezza, l’eleganza, lo stile, la cura di ogni dettaglio che faceva di quei negozi, di quelle imprese e dei fondatori che le avevano create l’epitome planetaria dell’arte del vivere.
«Solo apparentemente lo scopo di entrare in un negozio è quello di comprare un oggetto o un vestito − disse il Dreamer − È soltanto un alibi. In realtà quello che veramente compri è coscienza.»
Entrammo nelle boutique più eleganti, visitai con Lui le agenzie immobiliari più importanti, gioiellerie e negozi esclusivi. Ci presentarono le proprietà, le collezioni di abiti, gli oggetti più preziosi; ed ogni volta il Dreamer mi fece notare che le attività che avevano raggiunto il top a
livello mondiale avevano tutte un denominatore comune: l’attenzione.
L’attenzione al più piccolo particolare, dall’arredo alla qualità delle persone che vi lavoravano, la gioiosità di queste, la luminosità del loro aspetto, l’amore che mostravano per il loro lavoro.
«Quello che vedi concentrato in questa strada è la materializzazione di un grado della coscienza umana − disse, e completò con una raccomandazione − non comprare neppure uno spillo al di sotto di questo livello di cura, di attenzione, di amore.»
Gli assicurai che non avrei chiesto di meglio ed osservai che a tutti avrebbe fatto piacere di servirsi soltanto in quei negozi, di circondarsi di quella bellezza, di quella ricchezza.
Fu allora che ricevetti una delle Sue più memorabili lezioni.
«Like attracts Like − enunciò il Dreamer − un uomo incontra sempre se stesso e sceglie se stesso. Tutto corrisponde perfettamente al suo grado di attenzione.»
«Ed il denaro? − chiesi − non è questo che fa la differenza tra quello che si può avere e non avere?»
«La coscienza è denaro! − affermò il Dreamer − È l’Essere che decide l’avere. Un uomo può avere solo il denaro che è capace di sognare, di visualizzare, di immaginare… Quando avrai fatto un lavoro sull’Essere, quando l’avrai semplificato, arricchito, sublimato in ogni angolo, l’abbondanza, la
prosperità, la bellezza, ti corrisponderanno. Questo si chiama ‘coscienza di prosperità’. Il denaro per permetterti tutto questo verrà da solo, per caduta, come una semplice conseguenza del tuo innalzamento.»
«Gli oggetti hanno un’anima − continuò il Dreamer − Apparentemente siamo noi a sceglierli, ma in realtà sono gli oggetti che scelgono chi può possederli. Le cose sanno con chi andare e chi abbandonare… Puoi possedere solo ciò di cui sei responsabile… Non essere distratto dalla scarsità. Dai tutta la tua attenzione, al ‘sogno’, ai beni inalienabili che sono diritto di nascita di ogni uomo: integrità, bellezza, libertà, felicità, intelligenza, amore, verità. Disegna dentro di te la ricchezza, l’eleganza, il gusto, lo stile.»
Intanto il nostro shopping continuava ed io cominciavo ad essere molto più disteso. L’incontro di Parigi non mi preoccupava più. Ero un bambino in un grande Luna Park. Notai che dovunque entrasse il mondo s’inchinava. Un clima di leggerezza si diffondeva intorno. Il Dreamer
arricchiva l’aria di generosità, di potere, e tutti lo sentivano. Con Lui accanto il mondo celebrava ed offriva il meglio di sé.
«Chi è padrone di se stesso governa il mondo. Il mondo lo riconosce ed è felice di servirlo.
Ognuno di questi negozianti è in realtà un guardiano dell’invisibile» mi rivelò il Dreamer avvicinandosi al mio orecchio mentre un nugolo di commessi partiva in tutte le direzioni per soddisfare le Sue richieste.
« Quando avrai superato i limiti e gli ostacoli interni... quando avrai eliminato il dubbio e la paura che ancora te ne separano, tutto il mondo sarà informato del tuo passaggio a quella fascia dell’esistenza. Il mondo sa tutto di te!»
Un fiume di gente ci scorreva accanto; da un braccio di cielo, racchiuso tra i cornicioni di palazzi patrizi ed il verde dei terrazzi, un raggio di sole, sottile come un laser, tra tutti scelse noi. Imitai il Dreamer e sollevai il volto, per accoglierlo. Con gli occhi socchiusi restai lì, con Lui, per attimi
eterni, ad ali spiegate, come farfalle trafitte da un ago d’oro.






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