Le civiltà di ogni tempo si
sono interrogate sulla libertà dell uomo di dirigere la propria vita, di
determinare il suo destino. Gli eventi ci vengono incontro sul ‘tapis roulant’
del tempo e noi tutti ci chiediamo quanto possiamo considerarci responsabili,
gli artefici veri del loro accadimento. Un incidente, il sopravvenire di una
malattia, un crac finanziario, quanto dipendono da noi? Il nostro destino è già
scritto o godiamo di libero arbitrio? L'uomo, come Giasone, è ancora faccia a
faccia con la Sfinge. Il più antico dei delemmi ancora echeggia irrisolto e non
trova risposta, oggi come migliaia di anni fa.
Un gruppo di ricercatori di Torino ha
annunciato i risultati di uno studio condotto su 50 incidenti gravi. E’
risultato che nel 90% dei casi quegli incidenti apparentemente imprevedibili,
erano stati preannunciati da un trauma psicologico. E’ come dire che per
incorrere in un incidente fisico dobbiamo passare attraverso un ‘incidente
psichico’.
La relazione che lega stati
d’essere ed eventi, il misterioso rapporto che esiste tra la psicologia di un
uomo e ciò che gli accade è l’elemento decisivo nella questione del libero
arbitrio e la chiave dell’enigma della sua esistenza.
Gli antichi greci non avevano
dubbi: esiste tra stati ed eventi una relazione di causa ed effetto. Quella
civiltà arcaica credette intensamente che il destino di un uomo fosse una
proiezione del suo mondo interiore, del suo essere. Su questa convinzione
fondarono una scienza ed un’arte che assunse tra essi il massimo valore: la
divinazione.
Nell’età pre-omerica sapiente
non è chi è ricco d’esperienza o chi eccelle in conoscenza ma chi manifesta
l’ignoto, chi conosce il futuro. Gettare luce nell’oscurità, precisare
l’incerto è per i greci la vera sapienza ed insieme un’arte. Altri popoli
esaltarono la divinazione, ma nessun altro popolo la innalzò a simbolo
decisivo, a elemento centrale della sua vita. In tutto il territorio ellenico
fiorirono i santuari dedicati al culto di Apollo al quale, più che a Dioniso, è
da attribuirsi il dominio sulla sapienza, intesa come conoscenza del destino
degli uomini e manifestazione, comunicazione di tale conoscenza. Apollo che parla
attraverso la sacerdotessa simboleggia quest’occhio penetrante; il suo culto,
per tutta l’antichità ed anche al di fuori della Grecia, è una celebrazione
della sapienza.
Conosci te stesso
A Delfi questa vocazione dei Greci e
l’arte di conoscere il futuro trova la sua massima espressione. Per questo il
dio di Delfi è l’immagine unificante di quella civiltà ed un’abbreviazione
della Grecia stessa. Il pellegrino che spesso attraversava grandi distanze e
affrontava gravi pericoli per interrogare il Dio sul suo futuro, leggeva inciso
sul timpano del tempio il motto delfico “Conosci te stesso”. Era come dire:
“Vuoi sapere il tuo futuro? Conosci te stesso!”. In questo paradosso, apparente
beffardo, i Greci deposero la soluzione del più antico enigma dell’uomo, il
segreto dei segreti, la risposta alla millenaria domanda sull’esistenza o meno
di un libero arbitrio. Una domanda che ha fatto vibrare d’inquietudine tutte le
filosofie del mondo sospese tra il presagio fatalistico di un futuro
predeterminato ed ineluttabile e il credo nell’homo faber, artefice del suo
destino. Scolpendo il motto delfico proprio sul tempio deputato alla più sacra
delle arti, alla più grande tra le scienze: la divinazione, i Greci indicarono
la relazione segreta tra mondo interiore e mondo esteriore, tra stati ed
eventi. E questa scoperta l’affidarono come un messaggio in una bottiglia
all’oceano del tempo per farla arrivare fino a noi. L’uomo che conosce se
stesso, il proprio essere, contenitore dei propri pensieri, idee, attitudini,
conosce anche il proprio futuro, perché ciò che pensiamo è connesso al mondo;
la nostra psicologia è il nostro destino. Thinking is Destiny. Apollo è il simbolo del mondo-specchio dell’interiorità
dell’uomo. Il mondo ci riflette.
La tradizione classica che
tramanda il mito di Omero come il vate cieco, è ancora un messaggio di
quell’età dei saggi che si concluse con la morte di Socrate, l’ultimo di essi.
La cecità attribuita all’autore dell’Iliade e dell’Odissea, le due grandi
bibbie dell’antichità, è emblematica dell’attenzione che i Greci seppero dare
al mondo psicologico, alla conoscenza di sé, dei propri stati. Guardare dentro
se stessi è la chiave di conoscenza del mondo, la strada per capirne e
prevederne gli accadimenti.
La legge del pagamento
Dagli studi condotti in questi anni dall’Istituto di
Sociologia e di Psicologia Creativa è emerso un fenomeno singolare, difficile
da spiegare. All’incidente, all’evento malaugurato, ad una sciagura toccata ad
un uomo si associavano sempre segnali, sintomi
inequivocabili di guarigione. Chi ha incontrato un amico scampato ad un
grave pericolo, un conoscente uscito da un incidente in cui ha rischiato la
vita o guarito da una malattia grave, non avrà mancato di notare come
quell’amico, quel conoscente, ne sia uscito migliorato, rinnovato. E ognuno
avrà potuto notare come da una caduta o da una difficoltà ne siamo usciti con
più energia, vitalità, ottimismo, voglia di fare. Due racconti potranno
permetterci di penetrare più a fondo in questo meccanismo. Uno è tratto dalla
trama di un film, l’altro dalla cronaca di una tragedia vera.
The Game
Nel film ‘The Game’, Michael Douglas è un miliardario stanco
della sua esistenza, che non trova più interesse negli affari né nella vita. E’
in crisi. Per il giorno del suo compleanno il fratello, Sean Penn, per farlo
uscire da quella condizione, gli commissiona (ma questa scoperta verrà fatta
dallo spettatore solo negli ultimissimi minuti di questo straordinario
thriller) ‘the game’, una serie di disavventure in confezione regalo che
conducono il protagonista a credere di aver perso tutto, denaro e famiglia, e
fino a tentare il suicidio, lanciandosi da un grattacielo. Solo allora, ‘the game’ si rivela uno
stratagemma che lo guarisce, una terribile cura che soltanto qualcuno che ci
ama poteva augurarci e imporci.
Napoli 1980
Il terremoto del 1980 resterà per sempre negli annali della
città. Palazzi in fiamme, cinquemila morti. Una vera apocalisse. Napoli restò
per giorni attonita ad osservare le sue ferite. Poi si riscosse. Da quel
disastro una nuova dignità prende corpo e cresce, una compostezza che nasce da
una disperazione contenuta, da un dolore vero. Non ci fu un furto, non ci fu un
solo atto di sciacallaggio. Allora Napoli conobbe il silenzio. Da allora il
suono incessante dei clackson che l’aveva infestata da sempre smise. Non temo
di essere smentito se dico che da quella sciagura Napoli rinacque a nuova vita: si ripulì, fece
funzionare i suoi musei, si riempì di turisti, chiuse il centro storico al
traffico, con Via Toledo che cominciò a prendere le sembianze di una fifth
avenue in sedicesimo, splendida di luci, ricca di negozi di lusso.
Volontà o Accidentalità
Da
queste e da molte altre osservazioni scaturì l’ipotesi scientifica su cui
stiamo ancora lavorando e che si sta dimostrando vera: tutto lo spazio che
nell’uomo non è occupato dalla volontà deve essere occupato dall’accidentalità.
L’accidentalità è sempre un pagamento, l’indicazione di una guarigione, ma
involontaria.
Il
pagamento volontario, anticipato, è la scelta di un’umanità guarita. Il pagamento posticipato, involontario, è la
scelta di un’umanità decaduta che paga attraverso l’accidentalità, la
casualità… nel tempo.
L’uomo
così com’è non ha una volontà, ha soltanto l’accidentalità. La sua razionalità
può portarlo soltanto ad un destino già disegnato, già designato, da cui non
può deragliare…
***
“…Andai
col pensiero ai fioretti, ai voti dei penitenti, ai martìri offerti a santuari
e chiese, all’autoflagellazione, ai cilici. Ripensai ai riti tribali, alle
civiltà antiche, ed ai sacrifici di bestie e di uomini offerti per millenni a
divinità, visibili ed invisibili. Riconobbi, sotto le diverse manifestazioni,
il pagamento di un’umanità che non conosce altro modo di perdonarsi. Ricordai
le processioni che avevo visto da bambino, i portatori che grondavano sudore e
sangue sotto il peso di una statua, di madonna o santo. Li osservavo con i miei
occhi di bambino mentre, prima di affrontare un nuovo tratto, si aggiustavano
il panno sulla spalla per assorbire meglio il peso insopportabile delle
stanghe. Li guardavo mentre attraversavano vicoli e rioni, facendosi spazio tra
due ali di folla cenciosa che si segnava e si inginocchiava. Rivedo i loro visi
paonazzi per lo sforzo e il volto dei santi, gli occhi rivolti al cielo e le
dondolanti aureole di ottone inchiodate alla nuca. Giuseppona, mi sovrastava,
proteggendomi dalla ressa sotto il suo corpo saldo come una roccia. “Si stanno guadagnando
il paradiso” – mi disse una volta. Ricordo la promessa che feci a me stesso di
non andare mai in un posto abitato da quei ceffi. Senza saperlo stavo
osservando un’allegoria vivente dell’unico modo di pagare che ha un’umanità
schiacciata dal peso delle sue convinzioni superstiziose, povera, che ha solo
il denaro della sofferenza, che sa pagare solo col dolore e l’accidentalità”.
***
Nel
momento in cui la volontà non funziona, l’accidentalità prende il sopravvento.
Chi realizza questo cerca una Scuola per poter ritornare al potere
dell’attenzione, per fare tutto il cammino a ritroso per disseppellire la
volontà sepolta. Una Scuola che ‘ricordi’ che abbia un sistema per eliminare
scorie ed inquinamenti, che sa la strada per ritornare alla fonte, per riacquisire
la padronanza di se stessi… la volontà… il ‘sogno’!
Solo pochi
realizzano la necessità di una ‘scuola’ speciale, solo pochi tra i pochi hanno
le qualità per poterla incontrare.
L’uomo ha barattato la volontà con l’accidentalità. Chi
realizza questo cerca una Scuola per poter riconquistare la volontà,
l’integrità perduta. Dall’insegnamento dell’arco ai riti iniziatici,
dall’insegnamento della musica alla fisica dei quanta, dietro ogni insegnamento
si nasconde quell’unica vera Scuola che indica il ritorno all’integrità. C’è
bisogno di una Scuola che ‘ricordi’, che conosca la strada per ritornare alla
fonte, per riacquisire la padronanza di se stessi… la volontà… il ‘sogno’!
Questo è l’esodo.
Quando un uomo è colpito da un disgrazia, da un incidente o
un fallimento, come gli ebrei trascinati in schiavitù a Babilonia, si chiede
come prima domanda: come mai? Le lamentazioni di Geremia iniziano con la parola
‘ekah’ che significa, come mai?
Ma l’improvviso ha
sempre bisogno di una lunga preparazione. Solo il nostro sonno ipnotico, la
nostra distrazione cronica, ci impediscono di vedere i mille segnali
premonitori che hanno a lungo preannunciato quegli eventi; soprattutto ci impediscono di vedere le volte che remiamo
contro noi stessi, le attività di autosabotaggio che continuamente si producono
dentro di noi.
Così come siamo, senza volontà nè attenzione, facciamo
ancora parte di quella fascia di uomini che pagano solo se costretti…
attraverso l’accidentalità.
Gli
stati emozionali di un uomo sono in verità eventi in cerca di un’occasione per
verificarsi e diventare visibili.
Il tempo distanzia gli stati dagli
eventi e ne cela l’identità. Il tempo soffia il suo nero-seppia e dietro questa
cortina gli eventi si nascondono e covano prendendoci poi di sorpresa, quando
abbiamo dimenticato, o mai ci siamo accorti, di averli prodotti. Ma nulla
accade improvvisamente.
L’improvviso
ha sempre bisogno di una lunga preparazione.
Non c’è
nulla che un uomo possa incontrare, non c’è un evento che possa materializzarsi
e raggiungerlo senza che prima, consapevolmente o inconsapevolmente, abbia
attraversato il suo essere, la sua psicologia. Il mondo è connesso alle nostre
emozioni, alle nostre passioni, ai nostri pensieri. Essi sono la cinghia di
trasmissione tra mondo interno e mondo esterno. Attraverso la gestione delle
emozioni, dei pensieri e di tutto quello che proviamo e sentiamo in un certo
momento, cioé attraverso la padronanza dei nostri stati, abbiamo in mano il
timone della nostra esistenza e possiamo imprimere una direzione al nostro
destino. Ecco dove trova fondamento la concezione romana della fortuna e
dell'homo faber contrapposta alla visione greca, medio-orientale, che
rappresenta la Fortuna come una dea bendata che dispensa gli eventi in modo
puramente casuale ed invia gli eventi secondo il proprio capriccio.
Il lavoro che dobbiamo fare è ‘vedere’ che dietro gli eventi
e poi dietro gli stati, ci siamo sempre noi. Prima di qualunque soluzione viene
il nostro cambiamento.
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