Veleggiando nell’aria dolce del Mediterraneo; osservavo
le sue acque lucenti dense come olio, aprirsi davanti alla prua. Da quelle
spume era nata Venere; su quelle onde Roma e Cartagine e civiltà innumerevoli
avevano combattuto il loro duello mortale, su esse aveva vagato Ulisse. Il suo
blu profondo aveva visto Regolo diretto verso il suo destino e Colombo portare
in Spagna il sogno di una nuova via alle Indie. Ero ancora un bambino quando
nei corridoi del Collegio Bianchi ero rapito dalle immagini dei miti racchiusi
nelle austere cornici: Coclite che difendeva il ponte, Scevola che bruciava la
mano che aveva sbagliato sul braciere davanti a Porsenna, Leonida che si
batteva alle Termopili…. “Qui giacciamo perché non accettammo di vivere
gettando la vergogna sulla terra che ci generò…”.
Che cosa sarebbe stato della nostra civiltà senza questi
uomini? Cosa, come saremmo senza Scipione, che a 19 anni rimette insieme
l’esercito ormai distrutto di Roma, o senza le parole di Cesare ai suoi uomini,
che temono i germani e vorrebbero abbandonare, alla vigilia di quella battaglia
che scongiurerà, e allontanerà dall’Impero per trecento anni, la minaccia dei
barbari.
Le antiche regge carbonizzate, le tombe degli eroi, le
selve formate dalle colonne dei templi a metà abbattute che si specchiano sulle
sue acque, ricordano la morte di innumerevoli civiltà. Eredi di tanta storia,
siamo seduti su una pietra tombale.
Così questa estate, veleggiando sul mare nostrum pensavo a Cartagine, ad Alessandria, a Venezia, che
tutte, dopo Tiro, sono state grandi sugli stessi mari, e riflettevo sulla loro
caduta. Qualunque epoca consideriamo, troviamo grandezza seguita da rovina. E
un brivido accompagna il pensiero che anche la nostra civiltà è minacciata e da
tempo mostra i sintomi della sua sparizione.
IL DR JECKYLL E MR HIDE
L’uomo
è per sua natura, a causa della sua stessa evoluzione filogenetica, un essere
culturale, e cioè il risultato di un sottile equilibrio tra i suoi istinti
primordiali e la capacità di dominarli responsabilmente. Istinti ancestrali e
educazione alla responsabilità sono i due profili della nostra realtà; essi,
come un Giano bifronte, formano un sistema unico all’interno del quale queste
due componenti stanno tra loro in un preciso equilibrio. L’uomo così come lo
conosciamo, e le sue civiltà, sono il risultato di un lungo processo. Come
funamboli procediamo sul filo, passo dopo passo, in bilico tra il nulla e
l’eternità.
BREVE STORIA DEL POTERE
Due
secoli fa il potere era associato con la proprietà della terra. Prima del
pionierismo europeo e delle tecniche agrarie intensive la terra era scarsa e dominava
tra i classici fattori della produzione. Allora il potere fu del titolo
fondiario. Poi passò di mano, sull’onda di rivoluzioni sempre più accelerate e
possenti. Con l’accumulazione agraria, l’avvento del capitalismo e
dell’industria su larga scala, la terra fu detronizzata e il potere fu del
capitale finanziario. Quando i capitali mobili giunsero ad essere abbondanti
(siamo intorno agli anni sessanta) con il passaggio del risparmio alle
Corporations, fu poi la volta del Capitale, che aveva perso preziosità, ad
essere spodestato a vantaggio di quel fattore della produzione che si chiama
“capacità imprenditoriale”. Nell’allora nascente società tecnologica, divenne
preziosa la risorsa degli “uomini dell’organizzazione”. Perfino la fase del
manager-persona, erede immediato dei poteri del capitalista e del capitano
d’industria, apparve superata e il potere passò alla conoscenza organizzata in
‘tecnostruttura’, ai centri depositari del know-how
tecnoscientifico e manageriale. Al manager subentrò collettivamente il
management, il potere di gruppo. Dinanzi ai problemi complessi delle nuove
tecnologie e della pianificazione solo il team sembrò avere le nozioni
necessarie per prendere decisioni sempre più complesse in un ambiente
caratterizzato da rapidi, spesso imprevedibili cambiamenti.
LA RISORSA PIU’ CRITICA DEL PIANETA
Occorrono
scuole ed università sovversive di questo processo di omologazione e di
massificazione, di questo penoso ingabbiamento delle capacità dell’uomo, che
eufemisticamente ancora chiamiamo educazione. Occorrono scuole ed università
che producano le cellule sane di una nuova umanità; che da umilianti e
debilitanti palestre mentali, alle quali si sono ridotte, si trasformino in
fucine di uomini speciali, leader visionari, sognatori pragmatici capaci di
rimuovere le stratificazioni e la nuvolosità che hanno cancellato dalla storia
civiltà una volta opulente e gettato in rovina intere nazioni, relegandole
nella povertà e nel sottosviluppo.
L’IDEA DI SCARSITA’
Ancora
crediamo che l’ostacolo principale contro cui si infrangono i nostri progetti,
le nostre speranze di una società più ricca e civile, i nostri sogni più
ambiziosi, sia la scarsità delle risorse finanziarie o naturali; ed é la
scarsità l’idea su cui si fonda tutta l’economia e la gestione delle nostre
risorse. Mi riferisco a quella sciagurata convinzione, trasmessa in mille modi
e attraverso scuole di sciagura e maestri di sventura, che le risorse del
pianeta sono come una coperta corta: se la tiri da una parte, scopre l’altra.
Il corollario dell’idea della limitatezza delle risorse disponibili è che se
qualche paese può essere ricco, la gran parte degli altri deve essere povero.
Quest’idea si è talmente radicata in ogni uomo, da essere ormai diventata una
seconda natura, una sorta di coscienza di scarsità che ci accompagna per tutta
la vita, che ha dato forma al nostro pensare, e che guida ogni nostra
scelta. La verità è che la vera penuria,
la condizione di paucità più preoccupante e limitante, è la mancanza di uomini
capaci di sostenere la responsabilità di un sogno di prosperità, di idee ampie
e feconde, di crederci con tutte le proprie forze, e di pagarne in anticipo il
prezzo.
LA TERZA DIMENSIONE
Oltre l'etica, prigioniera del tempo-spazio,
verticale ad essa c’è un'etica oggettiva, una morale della
morale, un sistema di valori immutabile che, come l’aggiunta di una terza
dimensione, realizza il passaggio dell'intero piano etico-economico ad uno
spazio tridimensionale.
L'ampliamento della visione a questa terza dimensione è un contributo di
straordinaria importanza per la comprensione, la spiegazione, la previsione dei
fatti economici, ed anche per la scelta degli interventi più efficaci per
ampificarli e migliorarli.
Sulla scorta dei nuovi orizzonti che ci
vengono dischiusi da questo ampliamento della visione ad una realtà
bidimensionale etico-economica, è possibile una spiegazione del sottosviluppo,
del mancato progresso dei paesi economicamente arretrati o depressi con motivi
essenzialmente connessi al loro sistema di valori. Esiste un'equazione tra il
sistema dei valori morali di un paese ed il suo destino economico. Se
l’universo etico di un paese subisce un processo involutorio per una lenta e
graduale essiccazione dei suoi valori a questo corrisponde un declino
dell'economia.
Anche tutti i malanni delle economie
avanzate, come la criminalità del benessere, in realtà trovano la loro origine
in uno sviluppo puramente meccanico e materiale. La vera differenza, da cui
ogni altra differenza si produce ed è poi visibile nel diverso grado di
sviluppo dei sistemi economici, tra paesi,
è la diversa ampiezza, ricchezza del loro sistema di valori. L'equazione tra etica ed economia si
può così enunciare: più ricco il sistema dei valori morali di un paese più
ricca la sua economia. Se le idee di una società si amplificano, se il suo
sistema dei valori si innalza, se la visione dell’umanità si evolve, anche
l’economia si arricchisce.
Per questo tutti gli sforzi di decenni
tesi ad agire sull'effetto, per esempio a trovare soluzioni al sottosviluppo
endemico del terzo mondo, sono deludenti e frustranti. La capacità di
prosperità di un paese, come di un uomo, non si può indurre dall'esterno,
intervenendo sulla loro economia.
Non ci sono scorciatoie possibili.
Solo un sistema di valori morali più
capace di sostenere la responsabilità di una maggiore ricchezza, può modificare
realmente un sistema economico o il patrimonio di un uomo.
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