venerdì 19 febbraio 2016

"L'Età dell'ozio creativo" di Stefano D'Anna



Sospinta da forze epocali, sotto i nostri occhi sta emergendo una nuova età, l’Età dell'Ozio Creativo. Dopo secoli stiamo lasciandoci alle spalle quella visione del mondo, un pò tetra e autoflagellante, che la rivoluzione borghese inflisse alla nostra civiltà abbracciando gli ideali della Riforma e dell'etica calvinista, ed il cui atteggiamento fondamentale può sintetizzarsi in una negazione dell'ozio (nec-otium).
Sospinte dai venti della rivoluzione microelettronica, i robot e le macchine intelligenti hanno spopolato le fabbriche. Il computer sta rivoluzionato il lavoro d'ufficio e un flusso ininterrotto di innovazioni grandi e piccole sta travolgendo irreversibilmente professionalità e stili di vita, sostituendo gli impiegati nei ruoli più ripetitivi.
La nostra civiltà, come una starship lanciata nell'oceano del tempo, viaggia verso una società del non fare, dell'essere, dove prevale la capacità delle idee ed il pensiero creativo sul movimento, la contemplazione sull'azione.
Il lavoro dipendente si va riducendo.

Le possibilità, specialmente per i giovani, di trovare un lavoro dipendente si sono ridotte al lumicino e la nostra civiltà assiste con apprensione crescente all'aumento della disoccupazione come ad un fenomeno esteso a tutto il mondo occidentale.
La perdita dei posti di lavoro nelle democrazie industriali e nelle economie avanzate si misura ormai in milioni ogni anno. I mass media, gli studiosi e gli osservatori più attenti delle società occidentali concordano tutti sul fatto che la crescita esponenziale della disoccupazione, ed il suo dilagare endemico ed inarrestabile, è in assoluto il fenomeno più temuto del nostro tempo.
E' un fenomeno ormai strutturale e, secondo noi, un sintomo certo del tramonto della lunga età impiegatizia ed allo stesso tempo l'inizio di una stagione di maggiore libertà dell'uomo.
La moderna maledizione dell'umanità non è più quella biblica "lavorerai con il sudore della tua fronte", ma una condanna al non lavoro. La nostra età sarà la prima nella storia dell'uomo che segna un progressivo, ineluttabile, affrancamento dal lavoro per enormi masse di uomini che si troveranno davanti a una voragine di tempo libero.
Nell'età della joblessness quello che era privilegio di una classe aristocratica, raffinatamente educata per generazioni all'ozio aureo, diventa una condizione di esistenza per masse di uomini che non sono stati preparati alla responsabilità del tempo libero, ad amare la cultura, l'arte, la musica, a sostituire l'azione con la contemplazione, il movimento con la creatività.
La prospettiva di un'età di "non lavoro" fa paura perché rappresenta per l'uomo un altro passo lontano dal suo paradiso ancestrale, quando viveva una inconsapevole, tirannica unità con la natura, per andare verso un futuro ignoto e misteriosamente palpitante, della perdita della sua eredità zoologica, di perdita della sua rassicurante appartenenza al regno animale.
Per cui il problema della disoccupazione appare tale se visto dal basso, ma è, all'opposto, un annuncio di libertà, di riscatto dalla maledizione del lavoro, come fatica, come sforzo, se visto dall'alto.

Assenza di lavoro, quindi, e non perdita di lavoro.
Il lavorare non è umano, è l’eredità di un’età bestiale.
Stiamo rapidamente avviandoci verso una civiltà del non fare, dell'essere, dove il vero, il bello, il bene e la ricerca della felicità sono i pilastri di una società economicamente evoluta. In molti modi è un ritorno alle radici stesse della nostra civiltà". L’umanità dovrà imparare a vivere senza sforzo… che è assenza di tempo… che è immobilità creativa. Dovrà sovvertire le proprie convinzioni più radicate e credere che il non fare crea il fare. Be effortlessly dreamful!
Per chi è impreparato alla libertà, a sostituire l'azione con la contemplazione, il movimento con la creatività, l'avvento dell’età della Joblessness, dell’età dell'ozio aureo, è una prospettiva spaventosa.
Il lavoro dipendente continuerà a ridursi in misura direttamente proporzionale alla maggiore capacità degli uomini di vivere una vita più libera e felice.
Il fenomeno della disoccupazione, al quale gli economisti tradizionali guardano con allarme, in questa più ampia visione non può più considerarsi un segnale spaventevole ma al contrario l'annuncio del tramonto della lunga età impiegatizia e l'inizio di una stagione di maggiore libertà.
Di certo lavoreremo sempre di meno, mentre migliorarsi e divertirsi diventerà il grande business planetario.
La positività e la felicità nel futuro dell'uomo si accompagnano quindi a una progressiva, inarrestabile, riduzione della sua attività di lavoro.
Un'umanità più libera interiormente dalla paura, dal dubbio e dalla miriade di emozioni negative che da sempre ne agitano l'animo, è inevitabilmente avversa ai ritmi, agli ambienti ed alla qualità del lavoro della società industriale che ha razionalizzato l'attivismo esagitato e presuppone, e quindi crea ed educa, eserciti di dipendenti alienati e di "manager" iperattivi.
Non possiamo continuare a chiamare lavoro l'essere occupato, ma l'essere libero. Dobbiamo chiamarlo Otium.
Il lavoro-fatica è la degradazione dell'Otium. Il nec-otium, è la negazione del sogno, è il baratto della propria libertà contro una paga ed un pacchetto preconfezionato di certezze illusorie. La dipendenza è paura. Un uomo che ama, un uomo che sogna, un uomo che non ha paura, che non è più vittima di emozioni negative, non può essere impiegato. L’assenza di paura ci libera da ogni ruolo e da ogni subalternità. Non c'è modo di impiegare un Leader!

                                                         IL PROSSIMO INCONTRO CON LA SCUOLA SARà IL 12/13 MARZO!


                                                                      A DREAM FOR THE WORLD DI STEFANO D'ANNA


                                                                 IL PICCOLO DREAMER PROGRAMMATORE DI MONDI DI VEGA ROZE


                                                                         NEL RINASCISENSO DI MARIO DAL MARE


                                                           L'ENORADO IL TRASFORMISTA DI MICHELE LOMBARDI

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